In questa riflessione si riconosce il desiderio di delineare un quadro della società più “vario” rispetto a quello emerso finora dal panorama letterario di lingua tedesca. A questo proposito, vale la pena di ricordare che fino a nemmeno dieci anni fa eravamo ancora alla ricerca di un maggior numero di donne tra gli autori premiati. Un desiderio che, nel giro di qualche anno, si è trasformato in un dato di fatto. Nel complesso, infatti, la selezione è diventata più giovane e più femminile. L’anno scorso, tra i nominati della categoria Belletristica, oltre a Christian Kracht c’erano soltanto donne! E anche quest’anno, la quota rosa tra i candidati della shortlist è piacevolmente alta. La stessa cosa potrebbe accadere con l’espansione della “zona di battaglia” del mondo letterario a tutte le varietà di temi, lingue e tradizioni migranti. Le nuove prospettive sono un grande arricchimento per la letteratura germanofona, soprattutto per quanto riguarda la rappresentazione della cultura tedesca all’estero.
Oggigiorno la critica letteraria è felice quando può conciliare le due cose, quando riesce a “spegnere” l’espressività, spesso fin troppo diretta, con l’ermetismo. Quest’anno, per esempio, c’erano diversi autori di cui sono state individuate e celebrate le modalità narrative “d’avanguardia”. A tal proposito va menzionato Dietmar Dath che, nel suo romanzo Gentzen oder: Betrunken aufräumen, entrato nella rosa dei finalisti, applica i principi della matematica avanzata al tempo della narrazione e allo stesso tempo pratica una critica al capitalismo. Non vanno poi dimenticati i saggi, talvolta incentrati su temi inconsueti, della poetessa Uljana Wolf, che si occupa di etica della traduzione portandola a un elevato livello di riflessione teorica ed è stata premiata nella categoria Non-fiction. La stessa vincitrice della categoria Traduzione, Anne Weber, era in lizza con un libro di Cécile Wajsbrot che affronta in modo piuttosto elitario le questioni della leggibilità e della traducibilità del mondo. Heike Geissler ha scritto un romanzo che analizza come sia possibile avere una coscienza politica al giorno d’oggi, quando si è simultaneamente incastrati dagli ingranaggi della maternità, della famiglia, della quotidianità nel tardo capitalismo e nel capitalismo digitale, in una giostra di valori che gira sempre più rapidamente. In Die Woche, che lo si voglia o no, si torna sempre istintivamente al lunedì. Un romanzo interessante che descrive la vita di una donna nella Lipsia di oggi e che si presenta come un compendio di loquacità, ma che lascia poco spazio all’atmosfera e vive piuttosto di dibattiti.
Tutt’altro discorso vale per il vincitore del Premio della Fiera del Libro di Lipsia nella categoria Narrativa, Tomer Gardi, scrittore di origini israeliane e residente da anni in Germania che in Eine runde Sache trasforma un tedesco tanto imperfetto quanto incantevole in una lingua letteraria, strappando così una nuova e giocosa sfaccettatura al tedesco.
La produzione editoriale di quest’anno comprende anche titoli che non rientrano in nessuna delle due tendenze – attivismo o estetica dell’autonomia – e che intendono lasciare un’impronta personale. Tra questi, Ein von Schatten begrenzter Raum di Emine Sevgi Özdamar, un memoir esteticamente compatto e alienato nel surreale che si svolge tra Istanbul, Berlino e Parigi. Fin dall’inizio della sua carriera, Özdamar è stata annoverata nel genere della Migrationsliteratur e, come decana di una letteratura di matrice turco-tedesca, riflette magistralmente il ruolo che le è stato assegnato. Tra l’altro, nel romanzo anche la città di Parigi fa una memorabile apparizione come luogo di desiderio intellettuale degli anni ’80.
Nella rosa dei finalisti non è rientrata invece un’autrice che mi sta particolarmente a cuore. Si tratta di Angelika Meier che, con Die Auflösung des Hauses Decker, ha scritto un romanzo sulla cultura della vecchia Repubblica Federale Tedesca che trasuda sagacia e intelligenza. Un’artista precaria viene pregata di liquidare la villa del suo defunto padre, un professore, nella regione della Ruhr, e, nel farlo, entra in contatto con tutti i fantasmi della generazione del ’68. Un libro che racchiude un po’ di Kafka, un po’ di Beckett, un po’ di gergo dei K-Gruppen (organizzazioni comuniste di ispirazione maoista) e tantissimo di Angelika Meier.
Un testo altrettanto degno di nota è Eine andere Epoche di Ulf Erdmann Ziegler, che si concentra sui membri della classe politica berlinese degli ultimi anni. Al centro, gli scandali che hanno coinvolto l’ex Presidente Christian Wulff e sua moglie Bettina, nonché i cosiddetti “delitti del Bosforo” (una serie di omicidi eseguiti tra il 2000 e il 2006 ai danni degli immigrati turchi in Germania) e il caso di Sebastian Edathy, deputato del Bundestag costretto a dimettersi poiché accusato di pedopornografia. Uno spaccato della mentalità di un’epoca che oggi ci appare stranamente avulsa dalla realtà.
Per concludere, non posso non consigliare 153 Formen des Nichtseins. Fra i testi che trattano di esperienze migratorie in Germania, spicca l’innovativo e spiritoso romanzo d’esordio di Slata Roschal, nata a San Pietroburgo nel 1992, che presenta 153 approcci eterogenei all’esperienza dell’estraneità completamente privi di tensioni attiviste. Un bel romanzo a frammenti di un’autrice che certamente farà parlare di sé.
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